Come scrisse il poeta francese Joe Bousquet1 "quanti poeti richiamandosi a Rimbaud non sono mai veramente penetrati nella sua opera e prolungano indefinitamente lo stupore che ne hanno tratto. Sono i guardiani dell'oscurità di Rimbaud. Ora Rimbaud non è oscuro. Niente gli più estrneo del bisogno di dichiararsi irresponsabile dei suoi scritti. che integri all'espressione il ritmo dei suoi passi o il soffio del racconto, che si lasci incantare dal ricordo di un vaudeville visto alla fiera, Rimbaud accresce nell'opera la parte dell'uom, assicura che nulla si umano si compia nel verbo senza rivestire una forma. La poesia non è più un riflesso dell'uomo: ha il peso del suo essere e reca tutti i tratti del suo destino".
Così scrive lo stesso Rimbaud2:
Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente.
Il poeta diventa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sof- ferenza, di follia; cerca se stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che le quintessenze. Ineffabile tortura nella quale ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il gran malato, il gran criminale, il gran maledetto, - e il sommo Sapiente! - Perché giunge all'ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di ogni al- tro! Giunge all'ignoto, e quando, sbigottito, finisse per perdere l'intelligenza delle proprie visioni, le avrebbe viste! Che crepi in quel suo balzo attraverso cose inaudite e ineffabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti sui quali l'altro si è accasciato!
(Le poete se fait voyant par un long, immense e raisonné dérèglement de tous le sens. Toutes les formes d'amour, de souffrance, de folie; il cherche lui-meme, il épuise en lui tous les poisons, pour n'en garder que les quintessences. Ineffable torture, où il a besoin de toute la foi, de toute la force surhumaine, où il devient entre tous le grand malade, le grand criminel, le grand maudit - et le supreme Savant! Car il arrive à l'inconnu! Puisqu'il a cultivé son ame, déjà riche, plus qu'aucun! il arrive à l'inconnu, et quand, affolé, il finirait par pardre l'intelligence de ses visions, il les a vues!)
Ancora Rimbaud parla del linguaggio universale, che non è solo quello della lingua, ma anche quello dei suoni, dei colori, dei profumi:
- Del resto, ogni parola essendo idea, il tempo di un linguaggio universale verrà! Bisogna essere un accademico, - più morto di un fossile, - per rifinire un dizionario di qualsiasi lingua. I deboli che si mettessero a riflettere sulla prima lettera dell'alfa- beto, potrebbero precipitare presto nella follia! -
- Questa lingua sarà dell'anima per l'anima, riassumendo tutto, profumi, suoni, colori, del pensiero che aggancia il pensiero e che tira.
La raccolta non fu voluta e quindi ordinata dal poeta, ma dal successivo ritrovamento di suoi manoscritti sparsi su fogli e foglietti occasionali; si tratta di 42 brani che compongono l'opera vera e propria e dettagliatamente.
1 l'intervento è riportato nella edizione delle "Illuminations" a cura di Adriano Marchetti, Piergiorgio Pazzini Stampatore Editore, 2006
2 tutti i brani di R. sono tratti Lettre de Rimbaud a Paul Demeny, dite du voyant, 15 Mai 1871