domenica 12 aprile 2009

IL MISTERO DEL LEVIATANO

23 Si fluvius intumescat, non tremit; securus est, si prorumpat fluctus ad os eius. 24 In oculis eius quis capiet eum et in sudibus perforabit nares eius? 25 An extrahere poteris Leviathan hamo et fune ligabis linguam eius? 26 Numquid pones iuncum in naribus eius aut spina perforabis maxillam eius? 27 Numquid multiplicabit ad te preces aut loquetur tibi mollia? 28 Numquid feriet tecum pactum, et accipies eum servum sempiternum?

Liber Iob, 40, 23-28

1 Ecce spes eius frustrabitur eum, et aspectu eius praecipitabitur. 2 Nemo tam audax, ut suscitet eum. Quis enim resistere potest vultui eius? 3 Quis eum aggressus est et salvus fuit? Sub omni caelo quisnam? 4 Non tacebo super membra eius et eloquar robur et gratiam struis. 5 Quis revelabit faciem indumenti eius, et duplicia mandibulae eius quis intrabit? 6 Portas vultus eius quis aperiet? Per gyrum dentium eius formido. 7 Corpus illius quasi scuta fusilia, compactum sigillo siliceo: 8 unum uni coniungitur, et ne spiraculum quidem incedit per ea; 9 unum alteri adhaeret, et tenentes se nequaquam separantur. 10 Sternutatio eius favillae ignis, et oculi eius ut palpebrae diluculi. 11 De ore eius lampades procedunt, sicut scintillae ignis emittuntur. 12 De naribus eius procedit fumus, sicut ollae succensae atque ferventis. 13 Halitus eius prunas ardere facit, et flamma de ore eius egreditur. 14 In collo eius morabitur fortitudo, et faciem eius praecedit angor. 15 Palearia eius cohaerentia sibi compressa non moventur. 16 Cor eius induratur tamquam lapis et duratur quasi mola inferior. 17 Cum surrexerit, tremunt fortes et ab undis retrorsum convertuntur. 18 Qui impegerit in eum, gladius eius non stabit nec hasta neque pilum neque thorax; 19 reputat enim quasi paleas ferrum et quasi lignum putridum aes. 20 Non fugat eum vir sagittarius, in stipulam versi sunt ei lapides fundae. 21 Quasi stipulam aestimat fustem et deridet vibrantem acinacem. 22 Sub ipso acumina testae, et sternit tribula super lutum. 23 Fervescere facit quasi ollam profundum et mare ponit quasi vas unguentarium. 24 Post se illuminat semitam, aestimatur abyssus quasi canescens. 25 Non est super terram potestas, quae comparetur ei, qui factus est, ut nullum timeret. 26 Omne sublime videt: ipse est rex super universos filios superbiae ”
Liber Iob, 41, 1-26


Ecco, si gonfi pure il fiume: egli non trema, è calmo, anche se il Giordano gli salisse fino alla bocca. Chi potrà afferrarlo per gli occhi, prenderlo con lacci e forargli le narici? Puoi tu pescare il Leviatano con l`amo e tener ferma la sua lingua con una corda, ficcargli un giunco nelle narici e forargli la mascella con un uncino? Ti farà forse molte suppliche e ti rivolgerà dolci parole? Stipulerà forse con te un`alleanza, perché tu lo prenda come servo per sempre?»


1 In die illa visitabit Dominus in gladio suo duro et forti et grandi super Leviathan serpentem fugacem et super Leviathan serpentem tortuosum et occidet draconem, qui in mari est.
Liber Isaiae, 27, 1

«In quel giorno il Signore punirà con la spada dura, grande e forte, il Leviatano serpente guizzante, il Leviatano serpente tortuoso e ucciderà il drago che sta nel mare.»


Il Leviatano viene spesso ricordato come opera di Thomas Hobbes1, ma qui vorrei scrivere qualcosa a proposito della figura mitologica di questo essere. Questa creatura si ritrova nella tradizione vetero-testamentaria. Alcune righe avanti abbiamo riportato i due passi biblici nei quali lo si incontra. Direi subito che il destino del Leviatano è quello di essere ucciso. Nella rappresentazione di Gustave Dorè, si vedono rappresentate le parole di Isaia: la Potenza venire sulle nubi del cielo armata di spada per giustiziare Leviathan.

Si è detto molto sulla etimologia del nome Leviatano: certo proviene dal latino ecclesiastico leviathān, il quale proverrebbe dall'ebraico tiberiense liwiāthān (לִוְיָתָן ) Probabilmente significa tortuoso o attorcigliato, dal verbo liwjāh, circondare. Il Leviathan sembrerebbe un mostro marino, anche se taluni sostengono che sia un basilisco. è comunque un mostro e per questo lo si potrebbe considerare come contrapposizione al distico greco di καλός καί ἀγαθός, cioè non bello e quindi non buono. Il Leviathan infatti ha caratteristiche fisiche eccezionali, si veda ancora sub "Iob, 41, 1-26", e distruttore. è soprannaturale, unico, certamente ma nato dalla volontà di Dio(Iob,40,19, Ipse est principium viarum Dei, qui fecit eum, applicabit gladium eius). A quali scopi resta forse uno dei punti più enigmatici. Ad un certo punto si dubita persino che Dio non stringa con lui un patto. Per lo più gli si da natura di mostro marino, il riferimento chiaro e all'amo per esempio e ad altra contestualizzazione marina. Il basilisco o βασιλεύς, è invece il Re dei serpenti. Mi pare tra l'altro che ne parli Gaius Iulius Solinus, autore della prima metà del terzo secolo in Collectanea rerum memorabilium, XXVI, 50 (barbarorum variae nationes et solitudo inaccessa, quae basiliscum creat, malum in terris singulare) Secondo questa descrizione il basilisco vivrebbe deserti creati dalla sua stessa capacità essiccatrice e mortifera; serpente non più lungo di venti centimetri ma dal veleno potentissimo e dalla sguardo assassino. Molti altri autori parlano del Basilisco, vi attribuiscono dimensioni e caratteristiche differenti, ma non importa qui di occuparsene, piuttosto, invece, mi sembra utile dare queste poche notizie per dire che questa creatura difficilmente si identifica con Leviathan. Nello Hortus Deliciarum, manoscritto medievale del XII secolo compilato dalla badessa Herrad di Landsberg per le novizie ad uso pedagogico, si trova una miniatura, che si può riferire come appartenente ad una più diffusa iconografia dell'amo nel Medioevo, nel quale è raffigurato Dio Padre, nell'atto di tenere una canna da pesca gettata in mare, al cui amo, che è la Santa Croce cui come esca si trova il Cristo,è infilzato il Leviatano2. Sempre in una chiesa di Aquileia, un po' più antica dello Hortus deliciarum, si trova una pittura murale di Satana preso all'amo. Sempre con riguardo al questo tema interessanti considerazioni circa il bestiario di Cristo, ci parlano di una regima, la Madonna, che tiene per l'amo il Leviatano e di un guerriero che con buona considerazione possiamo identificare nell'arcangelo Michele, benché non alata, che tiene con la lenza Behemoth, il fratello terreno di Leviathan3. Gregorio Magno, scrive4: Sed Leviathan iste hamo captus est, quia in Redemptore nostro dum, per satellites suos escam corporis momordit, divinitatis illum aculeus perforavit. in realtà dall'inizio del capitolo nono si comincia a parlare di Leviathan con riguardo al Maligno, infatti intitolo Divinitas in carne velut hamus in esca satanam transfixit. Anche San Girolamo interpretà così (ne riporto soltanto un pezzetto): commutavit figuram aenigmatis, ut diabulum quem superius Behemoth, translato nomine dixerat, eundem nunc Leviathan appellet (Hieronymus, Commentarii in librum Job, caput XL, 0786D). Qualcuno certamente si sarà chiesto se per caso non ci sia una qualche creatura marina conosciuta che potesse aver indotto il mito di Leviathan. Nell'ebraico moderno Levithan dovrebbe significare balena. Se pensiamo che poi Hermann Melville5 paragona il capodoglio per le dimensione e la forza al leviatano, già all'inizio del suo romanzo, nella parte iniziale intitolata extracts. Ne riporto una parte nei quali peraltro non si fa che citare i passi veterotestamentari già sopra riportati ad eccezione dei Salmi6, poiché in effetti il Leviathan è anche citato in alcuni salmi; "And God created great whales." --GENESIS. "Leviathan maketh a path to shine after him; One would think the deep to be hoary." --JOB. "Now the Lord had prepared a great fish to swallow up Jonah." --JONAH. "There go the ships; there is that Leviathan whom thou hast made to play therein." --PSALMS. [...] "The great Leviathan that maketh the seas to seethe like boiling pan." --LORD BACON'S VERSION OF THE PSALMS. [...] I più fantasiosi poi, o coloro che si interessano al fantastico, avranno pensato, ricordando i mostri marini, al Kraken; questa parola deriva dal norvegese, krake, che indica un animale malsano, abominevole: il Leviathan è si straordinariamente potente, ma non mi pare dalle descrizioni, che sia caratterizzato da una estetica mostruosa. In più il termine krake, in tedesco significa piovra; si pensi, che in una delle sue prime opere, Carl von Linné (prob. Systema Naturae, 1735?) cita il kraken con il nome scientifico di Microcosmus e lo colloca tra i cefalopodi, anche se poi successivamente rinuncerà a menzionare questa bestia. Per ciò il kraken è più una piovra gigante, un Architeuthis dux(calamaro gigante) o un Mesonychoteuthis hamiltoni (calamaro colossale) piuttosto che un mostro serpentino. Ancora, se uscissimo dai percorsi della zoologia e della criptozoologia scientifica e ci facessimo prendere per così dire da una smania ufologistica, scopriremmo che molti, anche in tempi attuali e quindi meno inclini( si spera!) alle superstizioni, si dicono avvistatori di serpenti marini. Il 12 dicembre 1964 nella baia di Stonehaven ( Hook Island, Australia) un certo Robert Le Serrec, fotografò una sorta di serpente marino. Ne riporto la fotografia se non altro per la curiosità accattivante. Non va dimenticato naturalmente che i serpenti acquatici esistono, ma non hanno dimensioni gigantesche. Eppure il mito del serpente marino esiste fin dall'antichità e ci è stato tramandato. Olao Magno, vescovo ed umanista svedese, parla appunto del serpente marino anche se va ricordato che quelle terre abbondavano di credenze in questo senso. L'opera nella quale si legge di questa creatura è Historia de gentibus septentrionalibus7,che a discapito del titolo non è una vera e proprio opera storigrafica, quanto una narrazione di costumi e credenze; ecco cosa si legge: "Esiste nei dintorni della città di Bergen un serpente mostruoso, lungo più di duecento piedi (60 metri) e grosso 20 (6 metri). Abita in mezzo alle rocce, in una profonda caverna che abbandona solo in estate, quando le notti sono chiare, per divorare vitelli, agnelli o porci, a meno che non si immerga nel mare per nutrirsi di ogni sorta di crostacei".

Per ciò che riguarda gli altri avvistamenti, nell'ottocento e all'inzio del '900 rimando a questo articolo tratto da criptozoo.com (in corso di inserzione....)

Per chiudere, ricordo i serpenti marini di Laoconte; dalla scultura più famosa, quella della scuola di Rodi(Museo Pio-Clementino in Musei Vaticani), si vede che i serpenti erano si grandi, ma non enormemente mostruosi, come il Leviathan, anche se dalla descrizione del Poeta, può si restare un dubbio. Erano però due e siccome si sa che presero i figli di Laoconte avviluppandoli nelle spire certo non potevano avere una dimensione gigantesca(su Laoconte: Publio Vergilius Maro, Aeneis, II,214;
Gaius Iulius Iginus, Fabulae, 135, Quintus Smyrnaei, Τὰ καθ' Ὅμηρον o Fatti successivi ad Omero(Posthomerica),liber XII,391)
Che resta da dire? Be', quale identificazione simbolica si può dare a Leviathan? Per lo più i contemporanei sogliono equipararlo al Caos, specialmente al caos primordiale, la potenza scatenata ed incontrollata, nella lettura forse più aderente, è potenza del Creatore e come creatura è sottoposta alla divina potestate. Nel libro di Giobbe infatti, si parla, e qui aiuta la contestualizzazione piuttosto che la disamina per excerpta come invece ho proposto, di un tale che vessato da una serie di sfortunati eventi, al quale Dio spiegherà che non bisogna giudicare l'operato divino dal punto di vista umano, per far questo dirà a Giobbe la famosa "Ubi eras, quando ponebam fundamenta terrae? Indica mihi, si habes intellegentiam"(Iob, 38,4). Ma certo la simbologia è oggetto di vasta e divertente discussione.


1Thomas Hobbes, Leviathan, or the Matter, Form and Power of a Commonwelth Ecclesiastical and Civil, 1651 2 Origine e l'alessandrinismo cappadoce(III-IV sec.) a cura di Mario Girardi e Marcello Marin, in Quaderni di "Vetera Christianorum" n.28, Edipuglia. 3 Ibidem, si veda alla nota 37, in particolare A.Martin, De Crosses pastorales, in Mèlanges Archéologiques, vol IV, Paris, 1856, p.197. 4 SS Gregorius I Magnus, Moralium Libri Sive Expositio In Librum Beati Job, liber trigesimus tertium, caput IX, 0682 C 5 Hermann Melville, Moby Dick or the Whale, 1851 6 Liber Psalmorum, 25-26: " 25 Hoc mare magnum et spatiosum et latum: illic reptilia,quorum non est numerus,animalia pusilla cum magnis;26 illic naves pertransibunt, Leviathan, quem formasti ad ludendum cum eo". Qui appunto si parla della creazione del Leviatano da parte di Dio, com espressione della sua potenza: in questo senso diverge da una sua identificazione con Satana. Senza voler approfondire troppo, cosa che sarebbe impossibile dato il format "blog's posts", nella Qabbalahil Leviatano è accomunato al serpente primordiale, al tentatore di Adamo ed Eva, al drago, e altri ancora con il serpente Raab e nello Zohar. Hobbes si rifà ad una tradizione biblica minore( della maggioritaria abbiamo visto qualche spunto con Gregorio e Girolamo) e si rifiuta di vedere nel Leviathan la raffigurazione del demonio. 7 Olao Magno, Storia dei popoli settentrionali. Usi, costumi, credenze. Introduzione, scelta, traduzione e note di Giancarlo Monti, Milano, BUR classici, 2001 (non sono riuscito a reperire l'originale). Per la Biabbia, si è fatto riferimento alla Nova Vulgata. La prima immagine è una incisione di Gustave Doré.

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giovedì 9 aprile 2009

Il termine serraglio indica un luogo chiuso, murato o steccato, dove si tengono appunto " serrate" le fiere o gli animali. In alcuni casi è usato per indicare il palazzo dell'imperatore o dei principi turchi. La derivazione è riconducibile al verbo "serrare" che deriverebbe dal latino serere, annodare, e dal greco σειρα (purtroppo scrivere in greco sul blog alle volte è un vero problema, mi scuso se mancano accenti e spiriti e se alcune lettere sono del greco moderno e non antico, cercherò al più presto di rimediare).

Tornando a noi, il greco seirà, vuol dire corda, ma anche seiris, cordicella; pare che vi sia anche un precedente sanscrito, sarat, sarit, corda o filo, comunque l'idea è quella di strutture atte a fermare, chiudere, bloccare.

Ma perché parlare del serraglio? è semplice, perché vorrei parlare degli animali nel Rinascimento. Quando si parla di animali in quel periodo storico, così come nei precedenti, si tende quasi sempre, a considerarli quali elementi del pittorico o dello scultoreo, cioè nella loro collocazione artistica1, poco si parla invece, della loro raccolta in zoo, giardini, bestiari e dell'impulso che il loro studio ebbe nel naturalismo rinascimentale. In particolare un buona trattazione è data da Burckhardt2 special modo nelle pagine da 310 a 315. Burckhardt per chi non lo sapesse è un storico svizzero dell'Ottocento; non mi soffermerò qui sulla natura della sua opera e sul pensiero che la influenzò. Mi limito a ricordare alcune considerazioni sul nascere in quel periodo, di numerosi bestiari e giardini zoologici presso le corti e i palazzi dei ricchi mercanti come oggetto di diletto, di collezionismo o semplice espressione di ricchezza, ma che non poterono evitare lo svilupparsi di un'attività di ricerca naturalistica, classificatoria e comparatistica, pur quando si trattasse di eccezionali bestie esotiche.
Così il nascere di queste raccolte è quindi individuabile quale appuntamento importante nella storia delle scienze naturali.
Tra le varie opere citate dal Burckhardt, ad esempio di qual tipo di raccolte zoologiche si potessero ammirare in quel periodo e qual spirito le animasse, si ricorda le Cronache Perugine di Francesco Matarazzo3.


Lettura di un inciso dall'opera di Burckhardt


1 in tal senso un intelligente lavoro è : Mirella Levi d'Ancona, lo zoo del rinascimento, Editore Pacini Fazzi, 2001
2 Jacob Burckhardt, Die Kultur der Renaissance in Italien, Basilea 1860, trad.it la civiltà del rinascimento in Italia,Sansoni, Firenze, 1953, a cura di Garis su traduzione di Valbusa(1876)
3
Francesco Matarazzo, detto Maturanzio,Cronaca della città di Perugia dal 1492 al 1503

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lunedì 6 aprile 2009

Terremoto all'Aquila


Il terremoto dell'Abruzzo ha causato molti morti e inferto ferite gravissime al territorio e alle città, in particolare alle opere artistiche; Guido Piovene1, giornalista della metà del '900, che si occupò del reportage di viaggio e che pubblicò in questo campo De America e Viaggio in Italia, sosteneva in quest'ultima opera che l'arte abruzzese appariva spizzicata dalla lunga sequela di terremoti nel corso della storia.
Il termine terremoto deriva dal latino terrae motus, lett. movimento della terra, terra inteso come il suolo ovvero la superficie.
Veniamo alle scale sismiche di misurazione. Ne conosciamo due; la prima è la magnitudo Richter, che prende il nome dal suo ideatore, Charles Francis Richter nato nel 1900 e morto nell'85, fisico e sismologo statunitense, con lo scopo di misurare la grandezza del terremoto, attraverso l'energia sprigionata dal fenomeno sismico su base puramente strumentale. In realtà va detto che non si tratta di una vera e propria scala, in quanto non ha suddivisione in gradi discreti e limiti inferiori e superiori( se non puramente strumentali cioè della capacità di rilevamento delle apparecchiature). Lo zero fu posto arbitrariamente da Richter, a livello di un terremoto che provoca una spostamento massimo di un micrometro sul sismografo di Wood-Anderson, che era più debole della possibilità di rilevamento delle apparecchiature dell'epoca. Ma proprio perché non ha nessun limite, tale che non la fa definire a rigore una scala, oggi, con i moderni sismografi, si rilevano normalmente sismi con magnitudo negative. La magnitudo o magnitudine, si definisce come rapporto tra la grandezza esaminata e una grandezza campione omogenea, quindi il logaritmo decimale dell'ampiezza massima di una scossa e il logaritmo di una scossa campione. Questo rapporto è misurato su scala logaritmica, una rappresentazione geometrica cioè grafica, di numeri reali. Lo zero esprime una energia liberata pari a a 105 Joule (100.000), mentre uno dei massimi finora registrati è stato di 8.6 equivalente all'energia di 1018 J(il massimo in assoluto pare essere stato 9,5 MW durante il Grande Terremoto Cileno del 22 Maggio 1960; comunque MW 4,5 o superiore piò essere avvertita dai sismografi di tutto il mondo). Essendo grandezze omogenee va ricordato che la loro unità di misura si elide; si tratta di un numero puro, cioè di una quantità che descrive un determinato sistema fisico ed è un numero senza alcuna unità fisica. il numero puro è detto anche gruppo adimensionale, si definisce come prodotto o rapporto di quantità 'dimensionali' di riferimento, in modo tale che il risultato sia privo di dimensione, per es. a b o a b-1. Risulta perciò più comoda rispetto alla misurazione di un fenomeno sismico nei termini delle sue grandezze fisiche. Non va confusa con l'intensità come rapporto tra potenza e superficie di applicazione. La potenza, è bene ricordarlo, è definita come il lavoro (L) compiuto nell'unità di tempo (t): cioèP=\lim_{\Delta t\to 0}\frac{\Delta L}{\Delta t}=\frac{\operatorname dL}{\operatorname dt} La nozione di superficie, è matematicamente più complicata, ma anche intuitiva nell'esperienza quotidiana perciò non ci soffermeremo.
Veniamo alle altre scale conosciute, le quali si occupano di effettuare una misurazione degli effetti del terremoto, i quali dipendono sempre da condizioni locali del territorio, riferendosi alle persone e alle cose cioè i manufatti dell'uomo. La più famosa è certo la scala di Giuseppe Mercalli, sismologo e vulcanologo italiano nato nel 1850 e morto nel 1914, prendendo nel 1872 gli ordini sacerdotali e rimanendo abate per poter continuare gli studi di sismologia. La sua attività di ricerca si sviluppa negli anni 1880-1914. Muore infatti fatalmente in un incidente sviluppatosi nella sua abitazione napoletana di via Sapienza! un destino curioso assai simile a quelle delle vittime degli eventi sismici. Due terremoti con magnitudo diversa possono avere intensità secondo la scala di Mercalli, identica, se per es. hanno ipocentri diversi oppure si manifestano in zone con diversa antropizzazione. Infatti più è profondo l'ipocentro minore sono gli effetti sulla superficie terrestre. Un terremoto di alta magnitudo in un deserto avrà una intensità molto bassa o addirittura nulla.
La scala di Mercalli fu esposta alla comunità scientifica nel 1902. Poi fu modificata da due americani,
H.O. Wood e F. Neumann, che la adattarono anche alle consuetudini proprio del territorio californiano.
Quella tuttavia oggi in uso nell'Europa occidentale la scala identificata con la sigla MCS( Mercalli, Cancani, Sieberg); La scala Mercalli nasce segnata da un empirismo soggettivo, che già Adolfo Cancani(morto nel 1904) cerca di moderare, attribuendo al 1° della scala
il valore di 2.5 mm/s2 e al 12°
il valore di 10000 mm/s2, entrambi si capisce dalla grandezza sono intervalli di accelerazione.
Un ultima modifica alla scala è data da Sieberg2, che definì meglio i contenuti descrittivi della scala mercalliana. Ma già il Mercalli mi pare che vi avesse apportato qualche modifica in seguito al terremoto di Messina del 19083.

Ancora una ultimissima considerazione; l'ipocentro è quel punto interno alla terra nel quale comincia a propagarsi la frattura dal quale si origina il terremoto. L'epicentro sta sulla verticale condotta dall'ipocentro, ma è il punto sulla superfici.
επίκεντρον è concetto matematico, diversamente da faglia, che è concetto fisico , che appunto che una frattura nella roccia. la faglia non è un punto ma si dipana nello spazio.


1 Guido Piovene, Viaggio in Italia, Mondadori, 1957
2 Sieberg A., Geologie der Erdbeben, Handbuch der Geophysik, 1930
3 Giuseppe Mercalli, Contributo allo studio del terremoto calabro-messinese del 28 dicembre 1908, Atti del R. Istituto d'incoraggiamento di Napoli, serie VI.-vol.VII, Cooperativa tipografica, 1909













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mercoledì 1 aprile 2009

lo stupro nella storia dell'umanità


Tutti hanno appreso di recente di una nuova legge in Afghanistan, paese dove l'Occidente è militarmente impegnato per la democrazia, la quale, sarebbe bene chiedersi, se possa svolgersi a prescindere dalla garanzia dell'effettiva applicazione dei diritti umani, che si dice "legalizzi lo stupro della moglie da parte del marito".
Lo stupro, come si vede, anima ultimamente il dibattito pubblico, senza alcuna intenzione di lasciare spazio ad altri argomenti. E che se ne parli, mi pare comunque un bene.
Il contenuto della legge afghana, riguardante la parte sciita della popolazione, prescindendo da riferimenti sulla commistione tra contenuti religiosi e ambito giuridico, prevederebbe che le mogli debbano assecondare i desideri sessuali dei loro mariti e che un uomo possa aspettarsi di avere rapporti con la moglie «almeno una volta ogni quattro notti», a meno che la consorte non sia indisposta. C'è inoltre un tacito consenso per i matrimoni con bambine e si proibisce alla donna di uscire di casa senza il permesso del marito o di farsi visitare da un medico. Si nota perciò come l'idea di legalizzazione dello stupro, è conseguenza logica di una legge che esplicitamente non fa menzione della violenza.
Naturalmente con un sorriso un po' amaro, verrebbe da chiedersi se all'atto di diniego da parte della moglie, il marito debba rivolgersi al giudice per l'adempimento da parte della consorte al rapporto intimo o se possa utilizzare altri poteri o forze. Il fiuto ci fa optare più per la seconda ipotesi.

Ma parlando più in generale di stupro, l'argomento sembra interessare la storia dell'umanità fin dalle sue origini e nelle più diverse culture, sebbene con sfumature differenti.
Ricordiamoci in fondo che la fondazione di Roma si basa su una stupro di massa, quello ricordato come
Ratto delle Sabine, sebbene poi Tito Livio1, abilmente c'è lo tramandi come un episodio un po più "soft".
Non dimentichiamoci poi di Achille, Briseide ed Agammennone
2, quest'ultimo si prese a forza Briseide, schiava di Achille, dopo aver dovuto forzatamente restituire Criseide, poichè Apollo ,adirato dal rapimento della sua sacerdotessa, aveva funestato il campo acheo. Si può facilmente immaginare che sia l'uno che l'altro dei due condottieri fosse interessato in episodi di libidine violenta verso la schiava. Ma anche gli dei in Grecia erano coinvolti in questi comportamenti, non dimentichiamoci di Apollo e Dafne, Marte e la vestale Rea Silvia, ed altri, dove il matrimonio per rapimento non poteva non pensarsi accompagnato da violenza carnale in un modo o nell'altro prima o poi.
Va ricordato comunque che in Grecia, gli spiriti più illuminati erano scandalizzati da questi comportamenti. Per esempio il presocratico
Ξενοφάνης (Senofone) di cui ci restano solo frammenti di elegie e di silli, e Pitagora. Il primo2-bis scrive:"Omero ed Esiodo hanno attribuito agli dei tutto ciò che per gli uomini è onta e biasimo: e rubare e fare adulterio e ingannarsi a vicenda" e "[...] I mortali si immaginano che gli dei sian nati
e che abbian vesti, voce e figura come loro."
Ma anche i crociati durante la conquista di Costantinopoli3 violentarono le donen della città occupata, persino della loro stessa religione ( non che la differenza di culto, possa essere motivo giustificante, ma almeno nella logica culturale del tempo, stupisce che non fungesse da inibitore). Come si vede guerra e stupro vanno a braccetto ed anzi questi episodi sembrerebbero confermare che lo stupro è più manifestazione di una violenza atta alla sottomissione e alla manifestazione di forza che non una esigenza o sfogo sessuale.
Vorrei poi ricordare l'episodio di Lucrezia4, nobildonna romana, alla quale accadde che, essendosi invaghito di lei lo sgradevole figlio del re Tarquinio il Superbo, Tarquinio Sestio, ella si trovasse sotto il ricatto di quest'ultimo che se non si fosse concessa a lui, egli l''avrebbe uccisa e avrebbe posto accanto al suo il corpo mutilato di uno schiavo nudo, dicendo che poi di averla colta in flagranza di adulterio. Lucrezia allora si trovò costretta ad assecondare Tarquinio Sestio, ma poi raccontò tutto al marito Collatino e al padre, dicendo di essere stata violata nel corpo ma che il suo cuore era rimasto puro e per dimostrarlo si tolse la vita subito dopo: in vendetta di ciò scoppio la rivolta romana che portò alla cacciata dei Tarquini e alla proclamazione della Res Pubblica di cui Collatino con Giunio Bruto fu uno dei due primi consoli.
Qualcosa di analogo si trova nel racconto di Giuseppe5 che sarebbe stato accusato ingiustamente di stupro da parte della moglie di Potifar, ufficiale del Faraone d'Egitto ( come si può notare alle volte della violenza si può fare falsa accusa ed è bene riflettere sulle conseguenza di questo tipo di comportamento).
Come per dire che talvolta anche le donne tengono il coltello dalla parte del manico( non è certo il caso del mondo musulmano, ma nella storia occidentale che da quella araba differisce grandemente, ricordiamo il caso di Giuditta6, da molti vista come femme fatale e crudele, che fingendo la seduzione, finisce con l'avere la meglio sul generale di Nabudonosor, Oloferne, decapitandolo e salvando gli Israeliti assediati.
Nella cultura patriarcale e nelle economie pastorali e agricole arretrate, lo stupro più che come offesa personale veniva visto come offesa alla famiglia o alla comunità di provenienza della donna. Nelle società patriarcali, la supremazia dell'uomo include anche il dominio sessuale. Questo è caratteristica trasversale alle culture, religioni e nazioni. Comunque non stupisca che il codice penale attualmente vigente, nella sua edizione originale (Rocco) prevedeva all'art 544 il matrimonio riparatore come causa estintiva del reato carnale anche se su minorenne. Cioè 40 anni fa in Italia un uomo poteva violentare una donna e poi riparare sposandosela (Legge 5 agosto 1981, n.442 GU n. 218 del 10/08/1981, abrogazione della rilevanza penale delle causa di onore). Comunque la violenza era sempre considerata un'offesa contro la moralità pubblica e contro la moralità della famiglia più che contro la libertà sessuale, come invece oggi è intesa. (ma non stupisca che anche nelle Istituzioni di Giustiniano7 lo stupro fosse considerato come un reato contro la collettività e punito con la morte). Per ricordare ancora una volta i Greci, presso di loro, lo stupro poteva trovare un momento riparativo nel matrimonio, allo stesso modo pressapoco di come avveniva da noi in epoche non troppo lontane, come appena detto; in particolar modo si può ricordare la commedia di Menandro dove gli stupri sono più per ubriachezza che per azioni scellerate. L'importante è che l'atto non sia inteso come lesivo della dignità del κύριος, sotto la cui protezione la ragazza si trova, il contesto perciò appare importantissimo; così per esempio negli Arbitri dove l'ambientazione è una festa7-bis, durante la quale avviene uno stupro che porterà addirittura un figlio, nel contesto più generale di una singolare psicologia familiare( lo stupro è il tema di una commedia!la complicazione è piegata al lieto fine necessario in una commedia!). Euripide7-tris invece ci parla di un altro fatto: la violenza su Creusa da parte di Apollo e già abbiamo detto citando Senofone a proposito del bon-ton degli Olimpici; c'è il racconto di una fanciullatrascinata nel fondo di una grotta dal dio, come si vede, l'eco non è molto distante dai fatti di cronaca odierna, dove all'anfratto si sostituisce spesso il cespuglio o la boscaglia. Ione, il figlio di quella violenza, quasi a contraltare di Senofone, dice: "non è giusto dire malvagi agli uomini che niente fanno se non emulare le imprese degli dei, piuttosto malvagi sono i nostri maestri!".
Sulla incidenza dello stupro sulla psiche delle donne, non si è, nel corso della storia tenuto abbastanza contro, almeno non prima dello sviluppo delle scienze psicologiche (le donne però, la psiche ferità c'è l'hanno avuta a prescindere che la psicologia la scoprisse!).
Sempre per tornare allo stupro e al contesto sociale, non è da dimenticare anche la vicenda di Maria Goretti, santa della Chiesa, che venne uccisa in seguito ad un tentativo di stupro, in un ambiente contadino e semianalfabeta. Sarebbe però sbagliato pensare che povertà e semplicità siano sempre e solo connesse ad una ordinarietà di questi comportamenti.
Ancora il tema dello stupro fu alò centro delle campagne contro i neri americani arruolati nell'esercito in liberazione dell'Italia durante il secondo conflitto mondiale; naturalamente già abbiamo detto di come la guerre e le violenza sessuali siano intimamente connesse, ma qualcosa di vero c'è: pare che le truppe marocchine al seguito dei francesi, sconfitti i tedeschi a Cassino, ebbero tacita licenza di stupro e si stima che furono violentate 3100 italiane, forse anche di più8. Ancora per ritornare saltellando all'antica Roma, durante il sacco del 390 a.C., il capo dei Celti, la cui invasione fu annunciata dalla famose oche del Campidoglio, sacre a Giunone, fece bottino femminile; l'episodio è ricordato da un famoso dipinto di Paul Joseph Jamin, pittore di soggetti storici (ma anche di soggetti preistorici con palafittacoli, mammuth, aquile giganti!).
Nell'articolo sotto citato di Repubblica, si fa poi una considerazione, citando il sessuologo e fisiologo Havelock Hellis, che sosteneva, tra le varie cose( fu infatti vice presidente della
Eugenics Education Society, i cui scopi possono essere facilmente immaginati), che il violento sessuale avrebbe avuto con molte probabilità naso e orecchie deformi, occhi azzurri e grosse mascelle inferiori. La fisiognomica impera, Lombroso docet.
Inoltre pare che la tendenza alla violenza sessuale sarebbe stata causata da anomalie agli organi sessuali, cosa che avrebbe riportato questo comportamento nell'alveo di una manifestazione patologica. Asserzioni queste che non mancano di compagnia, tra altre figure della medicina ottocentesca. Con questo non voglio asserire che non esistesse una medicina scientifica nell'Ottocento; una medicina scientifica inizia già con la rivoluzione scientifica rinascimentale, sia in senso fisiologico che in senso terapeutico. Ma come si sa la medicina come le altre scienze è perfettibile continuamente e opera su asserti rinnengabili e sostituibili, spesso scorretti perchè frutto di errori logici e carenze metodologiche, per es. così per le formulazioni risalenti al primo diciannovesimo secolo, o ad una limitatezza cognitiva che sottrae un tassello magari fondamentale nel percorso conoscitivo.
Va poi ricordato che lo stupro è spesso stato sfruttato per ragioni di tipo sociale e razzista; senza volerci riferire ad episodi più recenti, basti pensare che nell'Inghilterra del XVIII secolo, gli stupratori erano identificati con aristocratici perversi che sfruttavano donne meno privilegiate. Poi sul finire dell'Ottocento, quelli a esseri accusati erano gli strati proletari, i cercalavoro, i senza dimora, gli immigrati da parte della media borghesia. Poi fu la volta del mediterraneo ritardato e degenerato( caso di un uomo di origine greca che commise uno stupro in Australia) e poi ancora nell'America razzista, il negro divenne il simbolo del maschio selvaggio ed ipersessuato; riferimenti di questo tipo si possono trovare nelle pagine dello scrittore statunitense Joe Lansdale, che talvolta accenna a temi riguardanti i comportamenti dei bianchi nell'america dei primissimi del '900, quando il mantenimento della gerarchia sociale non poteva più contare sulla schiavitù, dovendo così rivolgersi all'infamia e al linciaggio. D'altra parte queste propagande permettevano anche di mantenere soggiogata ed impaurita la donna bianca sudista in cerca di emancipazione. Naturalmente se la donna era nera, la cosa cambiava, essendo quest'ultima considerata promiscua per sua natura; tempi e storie terribile, di cui un stralcio ci è fornito dal capolavoro cinematografico "Il colore viola" di Steven Spielberg.
E tuttavia non si può non ricordare che in italiano, il termine stupro indicava nel passato non la violenza carnale, bensì qualunque rapporto sessuale, anche consensuale, con donne nubile o vedove, e perciò distinto dall'adulterio, in quanto commesso fuori del vincolo matrimoniale9. L'origine etimologica tuttavia è varia e va dal latino stuprum, radice tup dal sanscrito tup-ami, colpisco; in greco τυπτϖ, io batto, colpisco.
Per finire, non c' è da meravigliarsi, lo stupro, si capisce da se, non è mai una epsressione della sessualità, ma una violenza e una mortificazione contro la persona. Vari mezzi si può pensare siano utili per combatterlo, ma più di tutti, l'educazione e la trasformazione della mentalità dell'uomo, perchè in essa affondano le oscure radici.



1 Titus Livius ( clarissimus romanorum rerum scriptor), Ab Urbe condita libri, I, 13
2 Ὅμηρος
, Ἰλιάς, I
2-bis Senofane, Sulla natura e Elegie, in Hermann Diels, Walther Kranz,
I presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di Angelo Pasquinelli, Einaudi, Torino, 1976
3 Alvise Zorzi, La Repubblica del Leone – Storia di Venezia, Rusconi 2^ edizione, 1980
4 Titus Livius, Ab Urbe condita libri, I, 58
5 Genesi 39,1-20
6 Vulgata,Giuditta, 13, 4-10
7 Iustinianus, Institutiones, liber IV, titulus XVIII
7-bis Μένανδρος, Epitrepontes; Franco Giustinelli, Letteratura e pregiudizio, diversità ed identità nella cultura greca, Rubbettino; Beare, I romani a teatro,Laterza.
7-tris Ευριπίδης, Ίων
8Focus Marzo 2009, "Alle radici dello stupro"
9 Georgia Arrivo, Seduzioni, Promesse,Matrimoni, il processo per stupro nella Toscana del '700, edizioni di storia e letteratura, Roma, 2006.
dipinti:
Felice Ficherelli (1605 - 1660), Tarquinius et Lucretia
Paul Joseph Jamin, Brenno e una parte del suo bottino, 1893, olio su tela, collezione privata

blibliografia:

Geroges Vigarello, Storia della violenza sessuale, Marsilio.
Repubblica 31 Marzo 2009, "Fenomenologia dello stupratore"
ilSole24ore 31/03/09 "Afghanistan: diventa legale lo stupro della moglie"
Joanna Bourke, Stupro, storia della violenza sessuale, Laterza.


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lunedì 30 marzo 2009

Le illuminazioni



Le illuminazioni sono una raccolta di forme architettoniche e vocali, senza anteriorità, senza modello, senza luogo prefigurato.
Come scrisse il poeta francese Joe Bousquet1 "quanti poeti richiamandosi a Rimbaud non sono mai veramente penetrati nella sua opera e prolungano indefinitamente lo stupore che ne hanno tratto. Sono i guardiani dell'oscurità di Rimbaud. Ora Rimbaud non è oscuro. Niente gli più estrneo del bisogno di dichiararsi irresponsabile dei suoi scritti. che integri all'espressione il ritmo dei suoi passi o il soffio del racconto, che si lasci incantare dal ricordo di un vaudeville visto alla fiera, Rimbaud accresce nell'opera la parte dell'uom, assicura che nulla si umano si compia nel verbo senza rivestire una forma. La poesia non è più un riflesso dell'uomo: ha il peso del suo essere e reca tutti i tratti del suo destino".

Così scrive lo stesso Rimbaud2:
Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente.
Il poeta diventa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sof- ferenza, di follia; cerca se stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che le quintessenze. Ineffabile tortura nella quale ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il gran malato, il gran criminale, il gran maledetto, - e il sommo Sapiente! - Perché giunge all'ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di ogni al- tro! Giunge all'ignoto, e quando, sbigottito, finisse per perdere l'intelligenza delle proprie visioni, le avrebbe viste! Che crepi in quel suo balzo attraverso cose inaudite e ineffabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti sui quali l'altro si è accasciato!

(Le poete se fait voyant par un long, immense e raisonné dérèglement de tous le sens. Toutes les formes d'amour, de souffrance, de folie; il cherche lui-meme, il épuise en lui tous les poisons, pour n'en garder que les quintessences. Ineffable torture, où il a besoin de toute la foi, de toute la force surhumaine, où il devient entre tous le grand malade, le grand criminel, le grand maudit - et le supreme Savant! Car il arrive à l'inconnu! Puisqu'il a cultivé son ame, déjà riche, plus qu'aucun! il arrive à l'inconnu, et quand, affolé, il finirait par pardre l'intelligence de ses visions, il les a vues!)

Ancora Rimbaud parla del linguaggio universale, che non è solo quello della lingua, ma anche quello dei suoni, dei colori, dei profumi:

- Del resto, ogni parola essendo idea, il tempo di un linguaggio universale verrà! Bisogna essere un accademico, - più morto di un fossile, - per rifinire un dizionario di qualsiasi lingua. I deboli che si mettessero a riflettere sulla prima lettera dell'alfa- beto, potrebbero precipitare presto nella follia! -
- Questa lingua sarà dell'anima per l'anima, riassumendo tutto, profumi, suoni, colori, del pensiero che aggancia il pensiero e che tira.

La raccolta non fu voluta e quindi ordinata dal poeta, ma dal successivo ritrovamento di suoi manoscritti sparsi su fogli e foglietti occasionali; si tratta di 42 brani che compongono l'opera vera e propria e dettagliatamente.


1 l'intervento è riportato nella edizione delle "Illuminations" a cura di Adriano Marchetti, Piergiorgio Pazzini Stampatore Editore, 2006
2 tutti i brani di R. sono tratti Lettre de Rimbaud a Paul Demeny, dite du voyant, 15 Mai 1871

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domenica 29 marzo 2009

boccaccio boccaccino


Vorrei ricordare Boccaccio Boccaccino, pittore del primo rinascimento, della cui formazione si sa poco, essendo, le sue prime opere attestate, andate perdute. Nasce a Ferrara nel 1468
Sicuramente conobbe la pittura del Giorgione, dovendo soggiarnare a Venezia nei primi anni del XVI, dove è attestata la sua presenza (1506). Sicuramente il classicismo rinascimentale delle corti padane, segna la sua prima formazione. Fu padre di Camillo anch'egli pittore del quale sappiamo aver forse frequentato la bottega del Tiziano e conosciuto la pittura del Pordenone. Muore a Cremona nel 15251




Successivamente al 1506 si occupò dei lavori per la decorazione a fresco del Duomo di Cremona, con un Cristo in gloria e un Annunciazione).
A Roma le fonti ricordano una pala nella chiesa di Santa Maria in Transpontino o Traspontina (chiesa nel XVI sec in sostituzione, curiosità questa, di una precedente fatta abbattere da Pio IV perchè di ostacolo alle bombarde di Castel Sant'Angelo. Infatti la chiesa ha una cupola molto schiacciato proprio per questo motivo.


Dall'alto al basso vediamo le seguenti opere,


Madonna, Museum of Fine Arts, Boston

Cristo porta la Croce e Madonna, National Gallery, London

Disegno attribuito a Boccaccio Boccaccino, Cavaliere di schiena, Art Museum-Fogg Museum of Harvard, lascito Charles A. Loeser.


Ragazza gitana, olio su legno, 24 x 19 cm Galleria degli Uffizi, Firenze.


Madonna con bambino, olio su legno, Muzeul National de Arta, Bucharest

1, vedi alla voce wikipedia "Boccaccio Boccaccino", basata al momento su M. Tanzi, Boccaccio Boccaccino, Soncino 1991.





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la sentenza è del Giudice o dell'uomo che indossa la toga?

C'è un problema di fondo ed è il seguente: per il giurista la sentenza rimane tendenzialmente incomprensibile1; e tuttavia quando si legge una sentenza, bisogna sforzarsi di comprendere quanto sia arduo il compito di quest'uomo giudice, che si veste della legge, venendo così privato giustamente della libertà di esercitare la attività giurisdizionale a proprio piacimento, non potendo scegliere gli atti da considerare e le azioni da compiere secondo ciò che il proprio animo può suggerirle.
Il giudice è sempre assillato dai dubbi, diviso tra l'adesione ad un precetto astratto e la libertà etica ce vuole sottrarre ai convenzionalismi. Questo rappresenta l'istante più delicato, cioè quello nel quale la libertà etica si proietta nelle fessure delle norme, trasparendone.
Bernanos diceva, si legge sempre nell'articolo che ho citato, "non sono le regole a custodire noi, ma siamo noi a custodire le regole". il dubbio e le regole. Se c'è dubbio non si sa quale regole debba operare, perchè la regola opera in quanto disciplinante di un accadimento tipico, ed la sua tipicità che ci fa apprezzare la sua prevedibilità e la anticipata previsione, scartando ogni tentativo di governo particolare e singolare delle vicende umane da parte di una autorità.
Intanto nel processo si cerca sempre di far rivivere un fatto passato, è solo il fatto che indica la regola;
è un Atlantide sommerma che il giudice cerca di ritrovare. ecco che il giudice valuta quello che gli apportato e poi ricerca nei limiti della ricerca a seconda nell'ambito processuale e della forma processuale. è vero, la forma del processo può limitare la vita, ma non c'è altra strada.
non c'è altra direzione, se non quella della ricerca frammentarie, delle ipotesi su questi frammenti, delle ombre e delle luci, ma che èpian piano si ripuliscono, si fortificano della parole del diritto.
Il diritto non è materia statica ma dinamica e si evolve con i ritmi sociali: il diritto e la fissità dei valori, questo è il tema cruciale. il diritto costringe al cambio dei valori o è soltanto modalità concui si epsrimono diversamente gli stessi valori?
il momento della sentenza che è momento applicativo è ben diverso dal momento della produzione normativa, contrariamente a quello che pensava il Kelsen quando sosteneva che il giudice è il legislatore delle individualità.
Frosini riteneva2 che il sistema giuridico fosse simile ad un grande specchio infranto ed ognuno dei suoi frantumi rifletta l'immagine della realtà sociale, che in quello specchio si rispecchia per riconoscersi, osservarsi e per correggersi.



1 Maria Paola Borelli,Camera Penale di Catanzaro,venerdì 23 febbraio 2007
2 Ibidem

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sabato 28 marzo 2009

Vorrei postare qui un breve video tratto dal sito YouTube.com, su un intervento di Vittorio Sgarbi, che tralasciando le forme! dell'attacco mediatico che rivolge all'altro ospite, accenna sul finire ad un concetto interessante, al quale si deve prestare attenzione, la forma e la vita nel conflitto immanente, secondo la poetica che fu di Luigi Pirandello.



aggiungo di seguito una breve registrazione tratta da una conferenza nella quale Luigi Pirandello accenna alla sua poetica della forma. Il brano è preso dall'Enciclopedia Encarta online, che lo ha inserito nel suo archivio multimediale su concessione della Discoteca di Stato.

Conferenza pubblica di Luigi Pirandello nella quale si illustra "la poetica della FORMA
"

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Benchè sia meglio essere metodici nelle nostre ricerche e considerare l'Economia delle Ricerche, tuttavia non c'è nessun errore logico nel tentare ogni teoria che ci capiti per la testa, nella misura in cui essa sia adottata in un senso tale da permettere all'investigazione di proseguire senza impedimenti e senza scoraggiamenti.
Charles Sanders Peirce
(si veda Note on the theory of economic of research)

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venerdì 27 marzo 2009

Qualche briciola giuridica sul caso Eluana Englaro

Su questo tema si deve partire da un principio sancito nella nostra Costituzione; l'art 32 al comma 2 così dice: "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana." Proviamo a capirne il significato.
La prima parte del 2 comma risuona evidente. Pare evidente che il termine nessuno indichi alcuna persona, indistintamente dal fatto che essa sia un cittadino, ma vuole riferirsi univamente al suo essere persona umana( pare che la derivazione sia ne ipse unum o ne quidem unum). Questo primo concetto è di primissimo piano nel dibattito pubblico, perchè affermando la non disponibilità della vita, quindi l'impossibilità di scegliere la morte come conseguenza ultima dell'abbandono alla patologia, intesa questa come qualunque tipo di malattia, cioè una alterazione dello stato fisiologico o psicologico del corpo in grado di ridurre, modificare negativamente o persino eliminare le ordinarie funzioni del corpo come organismo, senza esercizio verso di essa di alcuno contrasto, si esprime implicitamente il divieto di scegliere cure inefficaci o inerzia semplicemente. Bisogna poi ricordare, come risulta dalla elementare definizione di patologia, l'esito di morte, è una delle possibilità a cui conduce la patologia ma non è l'unica, anzi ad essa affiancandosi tutte le sole riduzioni di funzionalità cui la patologia può condurre nel suo esito finale. Ciò per dire che porre in crisi il principio per cui le cure sono obbligatorie, può indurre ad una limitazione della libertà ben maggiore di quella circa la disponibilità della vita.
Affermare il precetto dell'art 32 significato quindi porre un limite alla medicina. Non il limite che le è proprio come disciplina, il limite concettuale o il limite pratico, bensì un limite giuridico, essendo la medicina una scienza che incide più delle altre sull'uomo.
Ora la questione più delicata, accettato il principio del rifiuto delle cure ( cosa ultimamente non così pacifica), riguardo il come questo rifiuto si renda conoscibile a coloro che sarebbero chiamati ad esercitare i trattamenti sanitari. Approfitto poi per ricordare che la costituzione parla di trattamenti sanitari, e non soltanto di terapie. Trattare ha come significato precendente a quello secondario di curare, il maneggiare, derivando da latino tractum supino di trahere, cioè trarre, da cui si prende l'idea derivata di muovere nello spazio con moto continuato.
Cioè il trattamento è una qualsiasi attività operata nell'ambito di una struttura sanitaria o di un soggetto svolgente attività medica o paramedica. Quindi, il concetto è certamente più ampio di quello definito da θεραπεία, che indica il curare o modo di curare escludendo magari il mantenere ( ove il mantenere non sia un continua opporsi all'incidere della patologia.
Aggiungo una considerazione: se si dovesse costruire la regola dell'art 32 nel seguente modo, cioè nessuno può essere obbligato ad un trattamente sanitario purchè non lo porti a privarsi della vita, o meglio della sussistenza in vita, cioè di quella condizione che distingue gli oggetti animati da quelli inanimati, si dovrebbe cominciare a riflettere intensamente sulle possibili relazioni causali, non sempre perfettamente dominabili; se per es. si rifiutasse la cura di un dente ammalato, normalmente la patologia porterebbe alla perdita di un dente e questo sarebbe il suo esito, non già quello di uccidere l'organismo. Ma potrebbe anche capitare che in seguito a questo, si diffonda per qualche motivo un'infezione nell'organismo e che questa progredendo invece privi della vita. Ora a che punto di questo percorso scatterebbe l'obbligo di cura e l'estinzione del diritto al rifiuto? (non so forse dovremmo pensare che una legge ad hoc prevede un trattamente sanitrio obbligatorio con un qualche antibiotico immediato tempo successivo alla caduta del dente o al termine del processo di erosione); Così pensata mi sembrerebbe un po' pasticciata.
Ora procedendo dal principio del rifiuto delle cure, si pone il problema chi sia preposto a rifiutare. L'art 32 usa appunto il pronome "nessuno" intendendo facendo intendere con ciò che il singolo avedno pieno facoltà di decisione personalmente la esprime; su questo punto non ci sono particolari problemi.
Capita però in tutte le società, che taluni individui siano, causa la malattia per la quale potrebbero rifiutare le cure o per altra pregressa, incapaci di esprimere un valido consenso.
Si badi che incapaci significa privi in parte o del tutto della capacità di agire.
Quando si è privi della capacità di agire, accade che l'ordinamento cerchi di tamponare questa carenza affiancando all'incapace, alcune figure( persona fisiche talvolta integrate dal controllo giudiziario) che integrino questa mancanza potendo esse stesse esprimersi in vece di chi non può più farlo. Una di queste figure può essere il tutore. Il padre di Eluana Englaro ricopriva proprio questa posizione affiancato anche da un curatore. La domanda è: il tutore( sia esso il padre o no) può decidere di staccare la spina? Cioè, può decidere per l'interruzione di un trattamento sanitario che mantenga in vita opponendosi ad una patologia, oppure accponsentire per una terapia( che appartiene al genus del trattamento sanitario) che sia particolarmente rischiosa( secondo la probabilità o la statistica medica)?
I giudici nel caso di Eluana, hanno autorizzato il padre a prendere una decisione, non hanno decretato che si dovesse staccare la spina. E su questo punto infatti che si può criticare la scelta del padre-tutore, che sulla base di pochi elementi, si è fatto portatore di una volontà certa e indiscutibile della figlia circa le di lei volontà,(quella che si era manifestata prima del tragico incidente la rese incapace nonche diede l'avvio ad uno percorso di compromissione di alcunie funzioni fisiologiche del corpo) sui trattamenti sanitari da doversi subire, certezza sulla quale ha poi modellato la sua scelta di tutore.
Questo è il punto centrale; su quali criteri deve costruirsi la scelta del tutore in materia di salute e trattamenti sanitari? E questi criteri devono essere dettati dal legislatore, dall'esecutivo, dalla discrezionalità del tutore stesso e dalle indicazioni predette dall'incapace quando era capace.
TO BE CONTINUED....


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mercoledì 25 marzo 2009


Ciò che più colpisce nella Pala di Brera è la giovane donna in adorazione per non turbare il riposo del figlio. è letteralmente in adorazione del figlio, come tutte le mamme. Ma questa madre è la Madonna, la madre di Dio fecondata dalla Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato così come recita il Credo, sunto teologico delle fede cattolica.
L'immagine comune della mamma in adorazione, che è comprensibile a tutti, diventa però nella collocazione di Piero della Francesca metafora di un grande mistero teologico, solenne meditazione sul dogma mariano. Nella Madonna di Brera trovano unione due motivi teologici fondamentali: l'identificazione di Maria con la Santa Chiesa ( questo tema si ritrova già in Van Eyck nella Madonna col Bambino di Berlino) di cui è specchio e figura e vigila in preghiera sul corpo di Cristo. La Chiesa è eterna e Santa perchè testimone e custode del Corpus Christi.
Piero della Francesca propone la semplicità del Vero attraverso la efficacia universale del Simbolo.
Abbiamo detto che Maria è la madre di Dio e dello Spirito Santo come elemento fondante la teologia cristiana cattolica. Ecco che l'altro dei due motivi teologici riguarda proprio lo Spirito Santo, per virtù del quale avviene il concepimento e il parto virginale: entrambi sono simboleggiati dall'ovum struthionis. L'uovo di struzzo nella mistica medievale, che lo riteneva fecondato dai raggi del sole, era usato come figura dell'Immacolata Concezione di Cristo1( in realtà questa espressione è assolutamente impropria in quanto sappiamo che l'Immacolato Concenzione è questione teologica riguardate esclusivamente il concepimento di Santa Maria e divenuto dogma con la bolla Ineffabilis Deus; parlare della immacolata concenzione di Cristo è una sciocchezza infatti mi appare ovvio che così come la Madonna non sia stata assoggettata al peccato originale tanto più la stessa cosa sia per Dio in Terra) Per tornare al nostro discorso sul simbolismo architettonico, aveva detto Alberto Magno: "Se il sole può far schiudere le uova di struzzo perchè una Vergine non potrebbe generare per opera del vero Sole?"( in parte per tornare all'accenno precedente mi pare di ricordare che Alberto Magno si occupò anche della questione sulla Immacolata Concenzione, che ricordiamo ancora non va confuso col parto virginale di Maria)
Ci sono anche altre spiegazioni per l'uso di questa sorta di sferoide. A.M.Maetze2 ha sostenuto ponendo l'attenzione sulla grande conchiglia alle spalle di Maria, che questo decoro architettonico potrebb essere ancora una illusione al parto virginale, infatti una trattatello del IV secolo di Efrem il Siro3, minore e poco noto Padre della Chiesa, riprende una credeza dei naturalisti antichi che pensavano che la conchiglia producesse la perla senza il bisogno della fecondazione maschile: il concepimento verginale della Beata Maria sarebbe avvenuto allo stesso modo incarnationis causa.
Ma resta che l'oggetto appeso sembra più un uovo che non una perla.
Guillaume Durand de Mende nella sua opera del 1284 Il Razionale o Manuale dei Divini Uffizi, Libro utile ed indispensabile per conoscere tutte le tradizione artistiche e religiose del Medioevo, così come scrisse l traduttoreCharles Barthèlèmy, scrive: "alcuni affermano che lo struzzo, uccello smemorato qual è, abbandoni le sue uova nella sabbia; quando infine, dopo aver visto una certa stella, se ne ricorda, ritorna da esse e le cova con riguardo.Si appendono dunque le uova di struzzo nella chiesa per significare che se l’uomo a causa del proprio peccato è stato abbandonato da Dio, illuminato improvvisamente da una luce divina si accorge del proprio errore, si pente ritorna in sé, e vedendo questo luminoso bagliore, viene abbagliato dai raggi di questa benefica luce, della quale parla anche San Luca, quando il Signore guardò improvvisamente Pietro dopo che egli ebbe rinnegato Cristo. Queste uova si appendono in chiesa, anche perché notandole ciascuno pensi che l’uomo dimentica facilmente Dio, a mano che sia illuminato dalla stella, ossia dalla grazia influente dello Spirito Santo, e non si ricorda di andare a lui, con la pratica delle buone opere” e aggiunge anche che si appendono nelle chiese uova di struzzo e cose di simil genere che suscitano ammirazione e che si vedono raramente, affinchè il popolo sia attirato da ciò nella chiesa e sia toccato dalla vista di questi oggetti4.
1 Antonio Paolucci, Piero della Francesca, La pala di Brera, Silvana Editoriale, 2003
2 A.M.Maetze, Piero della Francesca, Cinisello Balsamo, 1998
3 Efrem il Siro, De Margarita (intorno alla perla)
4 De Mende, Manuale per comprendere il significato simbolico delle cattedrali e delle chiese, edizioni Arkeios.

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martedì 24 marzo 2009

storia del cruciverba

Vorrei segnalare il libro di Stefano Bartegazzi, enigmista e saggista, che ha pubblicato con Einaudi "L'orizzonte Verticale", primo libro italiano dedicato alla storia del cruciverba e al "mondo che per gioco e per frammenti vi si è rispecchiato". Il cruciverba è, pare strano, quasi del tutto assente dalla storia del giornalismo, del costume, della Lingua sebbene sia "un elefante nel salotto della comunicazione del Novecento".
é vero, alcuni lo ritengono molto antico ma sbagliano: è l'orizzonte del Moderno, è del '900, coma la catena di montaggio, il Cubismo, il JAzz, il reportage.
Vuoto, è una griglia ortogonale di caselle; pieno, è un caledoidoscopio alfabetico; ma più di tutto è una sfida con se stessi sulla conoscenza delle parola della lingua, i nomi del mondo, definizioni indiziarie e soluzioni congetturali; "il linguaggio delle definizioni e delle soluzioni ritorna in romanzi, poesie, test di intelligenza, titoli di giornale".
"Il fatto che il linguaggio scritto si sviluppi in una direzione univoca è un'idea fissa che a noi, oggi, deriva soprattutto dalla forma simbolica instaurata dall'invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg: "per l'Occidente l'aggettivo razionale è stato a lungo sinonimo di uniforme, continuo, consequenziale"1. Il carattere di nastro continuo che si sviluppa indefinitivamente in una sola direzione non è dunque un dato originario, ma il processo di semplificazione industriale e culturale relativamente recente. TO BE CONTINUED...

1: Marshall MCLuhan, Understanding Media, the extension of man, McGraw-HIll, New York, 1964, trad.it E.Capriolo, Gli strumenti del comunicare, il Saggiatore, Milano, 1967

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domenica 22 marzo 2009

Nel gennaio di quest'anno, è apparso un articolo che ha fatto molto discutere: l'autore è il teologo Vito Mancuso, che il grande pubblico ha conosciuto con il saggio "l'anima e il suo destino" per i tipi dell'editore Raffaello Cortina

Dice Mancuso in questo articolo1 che ciò che tiene unita una società non è altro che la religione; ed intende l'accezione che le si può attribuire guardando all'etymon... da religio, che vuol dire per il teologo, legame o principio unificatore. Fa cioè discendere la parola da re - ligere2; qualcuno ha prontamente ribattuto che un'altra possibile origine sarebbe da re-legere3, cioè cura attenta, sguardo al divino e quindi al totalmente altro; l'autore della critica è luca doninelli in un articolo apparso su di un quotidiano nazionale; questa correzione etimologica sembra alquanto inutile in quanto in realtà, Mancuso non manca di allineare al principio unificatore la natura di trascendenza alla realtà più grande che permane nel fenomeno religioso. TO BE CONTINUED....


L'idea di Mancuso prosegue quindi con gli esempi di Roma e dell'America, la prima nel passato e la seconda nel presente, hanno rappresentato due Idee in grado di far si che i singoli formino un sistema ordinato, unificato, perciò operativo.
Una prima critica trovo che si possa muovere proprio sull'uso della parola religione; è pur vero che questa rappresenta un insieme di credenza e di comportamenti, sia di carattere rituale che culturale, che tuttavia hanno lo scopo di mettere in rapporto il gruppo sociale con il sacro.
Ora, motli sono stati di fenomeni di "accorpamento e unificazione" che hanno reso compatte forti e vincenti talune comunità, ma non sempre si può rintracciare qualcosa di sacro, almeno senza dissacrare il sacro stesso. Bisogna intendersi su cosa vogliamo oggi considerare sacro, che cosa sia la sacralità, e se tutto ciò che sia metafisico o mitico sia sacro.
TO BE CONTINUED...




1 Vito Mancuso, la religione civile che manca all'Italia, La Repubblica, 13-01-2009
2 Lactantius,
Divinae institutiones IV, 28
; Augustinus Hipponensis, Retractationes I, 13
3 Cicero, De natura deorum II, 28, 72

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la religione civile per Vito Mancuso, autore de "L'anima e il suo destino"

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